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domenica 5 giugno 2011
Le Delizie di Renato Cuppari: TAGLIOLINI AL LIMONE
Le Delizie di Renato Cuppari: TAGLIOLINI AL LIMONE: " Ingredienti 2 limoni scalogno vino bianco 1 confezione panna sale e pepe tagliolini Preparazione Gr..."
sabato 4 giugno 2011
Rischio di varicella in un neonato
Nella prevenzione della varicella il lattante trae giovamento senz'altro dall'allattamento materno per l'assunzione di un alto numero di anticorpi specifici assunti con il latte
a cura di: Dott. Roberto Bussi (pediatra)
Nella prevenzione della varicella il lattante trae giovamento senz'altro dall'allattamento materno per l'assunzione di un alto numero di anticorpi specifici assunti con il latte, ovviamente se la mamma ha già contratto la varicella in passato, oltre a quelli assunti in gravidanza. Avrà quindi sintomi più sfumati, ma non è detto che sia protetto al cento per cento e non contragga la malattia. Soprattutto nel caso specifico il suo bambino verrà a contatto con il fratello malato, quindi non in un contatto casuale e di breve durata, per cui piuttosto alta sarà la viremia (N.d.R.: la concentrazione di virus nel sangue).
Riguardo la vaccinazione, come nel caso della vaccinazione antimorbillo andrebbe fatta entro le 72 ore e non oltre le 120 ore dall'esposizione al virus per prevenire la malattia. Il vaccino comunque si può fare non prima dei 12 mesi di età. Secondo l'Accademia Americana di Pediatria i bambini ad alto rischio di varicella grave dovrebbero assumere le immunoglobuline specifiche entro 96 ore o quanto prima; in Italia però questi anticorpi sono difficilmente reperibili.
Nella prevenzione della varicella viene consigliata, nei soggetti più a rischio o per motivi particolari, un ciclo di terapia con Acyclovir (farmaco antivirale) con due modalità diverse: o subito al momento del contatto con il malato, oppure all'8° giorno dall'esposizione (nel momento in cui il virus presumibilmente avrà il momento di massima riproduzione) per una durata di sette giorni. Il lattante e l'adolescente sono considerati, fra i bambini sani, quelli con maggiori possibilità di complicanze; così, come già detto, anche il fratello di un bambino ammalato di varicella. In tali casi, se non si esegue la profilassi con acyclovir, viene consigliata la terapia con tale farmaco fin dall'inizio della malattia, alla comparsa della prima vescicola. Concludendo, pur considerando il suo piccolo un bambino a rischio (per via del fratello e dell'età), la copertura del latte materno ed una eventuale terapia con acyclovir, fin dalle prime ore della malattia, dovrebbero ridurre al massimo i problemi possibili.
LA VARICELLA
LA VARICELLA | |
La varicella è una malattia infettiva causata da un virus del gruppo degli Herpes, lo stesso che può causare, dopo la varicella, lo Zoster (fuoco di Sant'Antonio). | |
Ha un periodo di incubazione variabile da 14 a 21 giorni dal contatto. Il paziente ammalato è contagioso da 2 giorni prima a 6 giorni dopo la comparsa delle vescicole. La malattia esordisce con la comparsa di vescicole soprattutto al viso, al capo e sul tronco, che rapidamente potranno estendersi su qualsiasi parte del corpo. Le vescicole sono caratterizzate dalla presenza di liquido sieroso. Il bambino generalmente supera bene la malattia che decorre senza disturbi particolari, tranne il prurito causato dalle vescicole e qualche volta un po' di febbre nei primi giorni. Prima di intraprendere qualunque terapia sarà opportuno sentire il parere del proprio medico. Un antistaminico potrà essere utile per ridurre il prurito ed evitare che il bambino grattandosi rompa le vescicole lasciando così la cicatrice. In caso di febbre somministrare solo paracetamolo ed evitare antinfiammatori e soprattutto l'aspirina. Lavare il bambino in modo da tenere la pelle pulita ed asciugarlo con delicatezza cospargendo la pelle, dopo il bagno, con del "talco mentolato". Generalmente, non è necessario somministrare il farmaco antivirale se si tratta di un bambino sano senza problemi immunologici (vedi recente lavoro italiano). Ai fratelli che prenderanno da lui la varicella in casa e a tutte le persone sopra i 12 anni, invece, è consigliabile iniziare subito la terapia con l' Aciclovir entro 24 ore dall'inizio dell'esantema, ma per questo sentite il parere del vostro medico. Nei casi secondari intrafamiliari, infatti, e negli adulti sopra i 12 anni, la malattia si manifesta in "forma più violenta". Quando le vescicole saranno tutte crostificate la malattia sarà finita (in media circa 7-10 giorni) e il bambino, non essendo più infettante, potrà rientrare in comunità, anche con le croste. In alcuni casi, la malattia si presenta con poche vescicole che nel giro di pochi giorni crostificano. In questo caso bisognerà attendere comunque 7 giorni dall'esordio della malattia, perchè si è comunque infettanti. La riammissione in comunità avverrà attraverso un "certificato di riammissione scolastico" del pediatra o medico curante. La malattia è soggetta a denuncia obbligatoria. In età pediatrica, la varicella è una malattia relativamente benigna; la frequenza di complicanze stimata da uno studio italiano condotto negli anni ’90 è infatti pari al 3,5%, mentre quella dei ricoveri è dello 0,9%. Vi sono, inoltre, studi internazionali che mostrano nei bambini una frequenza di complicanze severe e di decessi rispettivamente di 8 e 2 casi ogni 100.000 malati (pari cioè allo 0,008% e 0,002%). La gravità della malattia aumenta invece con l’età, e negli adulti la frequenza di complicanze, ricoveri e decessi è stimata essere rispettivamente 7, 9 e 25 volte superiore rispetto ai bambini. Inoltre, la varicella può avere un decorso particolarmente grave nelle persone immunodepresse di qualsiasi età. Dal 1995 è disponibile un vaccino, costituito da virus vivo attenuato, che alcuni Paesi, tra cui gli Usa, raccomandano per tutti i bambini nel secondo anno di vita. L’efficacia della vaccinazione è stata stimata essere del 95% nella prevenzione delle forme moderate o gravi; del 70-85% nella prevenzione delle forme lievi. Il vaccino è sicuro e ben tollerato e la protezione sembra essere di lunga durata. La vaccinazione va effettuata con una sola dose ai bambini tra 12 mesi e 12 anni, e con due dosi in chi ha più di 12 anni. Il vaccino è controindicato per gli individui immunodepressi, mentre è consigliato nei bambini più grandi, negli adolescenti e negli adulti che non abbiano ancora contratto la malattia. È consigliato soprattutto per le persone che per motivi professionali hanno un maggior rischio di acquisire l’infezione (come il personale scolastico) o trasmetterla a persone ad alto rischio di complicanze gravi (come gli operatori sanitari). Inoltre, la vaccinazione è particolarmente indicata anche per le donne in età fertile che non hanno già avuto la malattia, per evitare un’eventuale infezione in gravidanza e i conseguenti danni al bambino. |
Postherpetic neuralgia
hare
Shingles occurs in people who have had chickenpox and is a reactivation of the dormant virus. Shingles often occurs many years after the initial chickenpox infection.
Shingles is contagious and may itself cause chickenpox. However, contact with a person with shingles or chickenpox cannot cause shingles.
The chickenpox virus then 'hibernates'. When the virus is reactivated, it travels via the nerve paths to the skin. It is not known what factors trigger a reactivation of the virus.
Shingles generally affects the elderly, but it occasionally occurs in children who have had chickenpox within the first year of their lives and in people with an immune deficiency.
Shingles can be a sign of immunodeficiency, caused by HIV or chemotherapy, for example. But most people who get shingles have a normal immune system.
If necessary, a scrape from the blisters can help identify the virus.
A blood sample can also be used to confirm the initial diagnosis.
Elderly people in particular may continue to feel intense pain, even after the attack seems to have subsided.
Once the rash has been present for more than 48 hours, treatment will be of reduced value. The medicine can reduce the duration of the attack and prevent it spreading. Antiviral treatment probably reduces the duration of postherpetic neuralgia.
The doctor may also have to treat additional complications, such as a bacterial infection.
If simple analgesics have not been effective, the doctor may prescribe stronger pain-relieving treatment.
This condition can be difficult to treat.
Medications that have been found useful include oral tricyclic antidepressants, such as amitriptyline (unlicensed use), topical counter-irritants, such as capsaicin (Axsain), the anticonvulsant medicine gabapentin (Neurontin) and the narcotic analgesic oxycodone (OxyNorm) or (OxyContin).
Some people may also find local anaesthetics applied to the skin helpful, for example lidocaine plasters (Versatis).
All these medicines have potential side-effects so need to be tailored to each individual.
Capsaicin, for example, can cause local irritation, and tricyclic antidepressants can cause drowsiness.
However, they are often well worth trying because of their potential efficacy in postherpetic neuralgia.
What is shingles?
Shingles is a painful rash caused by the Varicella zoster virus (Herpes varicellae), which is the virus that causes chickenpox .Shingles occurs in people who have had chickenpox and is a reactivation of the dormant virus. Shingles often occurs many years after the initial chickenpox infection.
Shingles is contagious and may itself cause chickenpox. However, contact with a person with shingles or chickenpox cannot cause shingles.
What causes shingles?
After the chickenpox virus has been contracted, it travels from the skin along the nerve paths to the roots of the nerves where it becomes inactive.The chickenpox virus then 'hibernates'. When the virus is reactivated, it travels via the nerve paths to the skin. It is not known what factors trigger a reactivation of the virus.
Shingles generally affects the elderly, but it occasionally occurs in children who have had chickenpox within the first year of their lives and in people with an immune deficiency.
Shingles can be a sign of immunodeficiency, caused by HIV or chemotherapy, for example. But most people who get shingles have a normal immune system.
What are the symptoms?
- The first sign that a reactivation of the chickenpox virus is taking place is a burning sensation on the nerve paths along which the virus is travelling. Nerve paths typically form half-circles around the body. The pain and subsequent rash correspond to the position of the nerve paths and are almost always on one side of the body or face only.
- The rash is typically accompanied by a fever and enlarged lymph nodes.
- Two to three days after the pain has begun, a typical rash appears: small blisters on red, swollen skin. It resembles the type that is seen during an attack of chickenpox but covers a smaller area.
- The rash usually reaches its peak after three to five days. Then, the blisters burst and turn into sores, which gradually scab over. The scabs fall off after two to three weeks.
- In some people, the area where the rash was located becomes extremely painful after the scabs have gone and can last from a few weeks to several months. This highly unpleasant after-effect of shingles is called postherpetic neuralgia. This can affect at least one in ten people with shingles and is more common in sufferers aged over eighty.
How can it be prevented?
People who have never had chickenpox can reduce the risk of getting the virus by avoiding contact with people with chickenpox and shingles. Shingles itself is not preventable.How is it diagnosed?
The patient's medical history in combination with the appearance of the rash will usually be sufficient for making a diagnosis.If necessary, a scrape from the blisters can help identify the virus.
A blood sample can also be used to confirm the initial diagnosis.
What happens if it gets worse?
- The rash can become infected by bacteria.
- An attack of shingles near the eyes, or at the top of the nose can be associated with scarring on the cornea, affecting vision.
- Shingles on the face can, in rare cases, lead to a temporary hearing loss, facial paralysis and a reduced sense of taste.
Future prospects
Shingles is rarely serious. In about 90 per cent of patients, the attack normally subsides within a month after the appearance of the first symptoms. Most people only have one or two attacks.Elderly people in particular may continue to feel intense pain, even after the attack seems to have subsided.
What can be done at home?
- Keep the rash uncovered.
- Try not to scratch. Use calamine lotion to ease the irritation.
- Use simple analgesics such as aspirin or paracetamol to relieve pain.
When should a doctor be consulted for more help?
- If the rash involves the eyes or the top of the nose.
- The sores have not healed after 10 days.
- The patient has a high temperature.
- The patient has another serious illness at the same time.
What is the treatment?
Although antiviral medicines, such as aciclovir (Zovirax tablets/suspension), can be used – they must be started as soon as possible when the burning sensation begins.Once the rash has been present for more than 48 hours, treatment will be of reduced value. The medicine can reduce the duration of the attack and prevent it spreading. Antiviral treatment probably reduces the duration of postherpetic neuralgia.
The doctor may also have to treat additional complications, such as a bacterial infection.
If simple analgesics have not been effective, the doctor may prescribe stronger pain-relieving treatment.
This condition can be difficult to treat.
Medications that have been found useful include oral tricyclic antidepressants, such as amitriptyline (unlicensed use), topical counter-irritants, such as capsaicin (Axsain), the anticonvulsant medicine gabapentin (Neurontin) and the narcotic analgesic oxycodone (OxyNorm) or (OxyContin).
Some people may also find local anaesthetics applied to the skin helpful, for example lidocaine plasters (Versatis).
All these medicines have potential side-effects so need to be tailored to each individual.
Capsaicin, for example, can cause local irritation, and tricyclic antidepressants can cause drowsiness.
However, they are often well worth trying because of their potential efficacy in postherpetic neuralgia.
venerdì 3 giugno 2011
MACULOPATIA
E' la più frequente causa di grave calo visivo oltre i 60 anni
La maculopatia è il danneggiamento della struttura dell'occhio denominata macula
La macula si trova al centro della retina e controlla la capacità di discriminazione fine: riconoscere gli oggetti ed i colori, leggere e scrivere.
Il resto della retina serve ad ampliare il campo visivo e ad attirare l'attenzione sugli oggetti individuati.
COSA E' LA DEGENERAZIONE MACULARE?
A volte le delicate cellule della macula si danneggiano e non funzionano più bene. Non si sa perché questo con l'avanzare dell'età si verifichi in alcune persone. Appunto perché insorge dopo i 60 anni, questa malattia viene chiamata degenerazione maculare legata all'età (ARMD). Raramente può colpire i giovani sotto forma di malattie spesso ereditarie che vengono dette distrofie maculari.
La degenerazione maculare legata all'età può essere di 2 tipi: secca (atrofica) o essudativa (neovascolare o disciforme).
MACULOPATIA ATROFICA
Nel 90% dei casi si tratta del primo tipo di maculopatia, in cui la retina si assottiglia perché le cellule visive smettono di funzionare e scompaiono; questa forma atrofica non è suscettibile di trattamento laser.
Il trasporto di fattori nutritivi e l'eliminazione di rifiuti da parte dell'epitelio pigmentato retinico (RPE) sono rallentati, per cui si formano depositi intraretinici giallastri (drusen) o pigmentati (distrofia, pigmento focale)
Di solito si ha una minima compromissione visiva e solo raramente si formano zone di atrofia, che sono delle specie di smagliature della retina, che coinvolgono anche la parte centrale (fovea).
maculopatia atrofica | drusen |
MACULOPATIA ESSUDATIVA
Si pensa che un ridotto apporto di sostanze nutritive alla retina possa stimolare sostanze dette fattori di crescita vascolare ("vascular endothelial growth factors" o VEGF), che danno il segnale per la produzione di vasi anomali, i quali trasudano siero o sanguinano, stimolando poi la formazione di una cicatrice. Si parla allora di maculopatia di tipo essudativo.
La proliferazione di nuovi vasi sotto la retina viene detta neovascolarizzazione coroideale o CNV.
Nel 10% dei casi i neovasi si formano invece nella retina e poi si approfondano verso la coroide; in questo caso vengono definiti proliferazione angiomatosa retinica o RAP.
Una variante (3-4% dei casi) chiamata vasculopatia polipoidale, tende a produrre sanguinamenti sottoretinici con sollevamento dell'epitelio pigmentato (PED) ed è spesso bilaterale, ma ha una buona prognosi.
maculopatia essudativa | DNE + EMC + CNV |
Una certa percentuale di degenerazioni atrofiche diventa essudativa nel tempo, per cui è utile monitorarne l'evoluzione. Inoltre, anche i trattamenti che riescono a chiudere efficacemente questi vasi, non possono impedire eventuali recidive.
La degenerazione maculare legata all'età può coinvolgere entrambi gli occhi in tempi diversi. Una volta insorta la malattia su di un occhio, la probabilità di avere un interessamento dell'occhio controlaterale è circa il 30% entro 5 anni. La maculopatia rappresenta la principale causa di cecità legale nelle persone anziane in Italia. Negli Stati Uniti ogni anno ci sono 165.000 nuovi casi ed il numero totale di malati raggiunge il milione. Al momento attuale purtroppo non sono conosciute né le cause della malattia né una cura definitiva.
SINTOMI: COME ACCORGERSI DI ALTERAZIONI DELLA MACULA?
La degenerazione maculare legata all'età (ARMD) non da dolore. Anzi, inizialmente il problema visivo può non venire notato, perché si supplisce con l'occhio buono.
I primi sintomi di solito sono la distorsione delle immagini (metamorfopsie), per cui gli oggetti appaiono deformati e/o rimpiccioliti. Se viene interessata la parte centrale della macula (fovea), compare una macchia di "non visione" centrale, per cui osservando per esempio un viso, si vedono le orecchie ma non le espressioni, gli occhi e la bocca; oppure si vede la sagoma dell'orologio ma non l'ora indicata. Questa evoluzione può verificarsi rapidamente o nell'arco di mesi. Per questo se la macula è alterata è utile monitorare la propria visione eseguendo regolarmente il Test della griglia di Amsler. Un controllo oculistico almeno annuale o in presenza di qualsiasi alterazione visiva è sempre consigliabile.
DIAGNOSI
I neovasi crescono all'interno della retina a causa di una piccola rottura degli strati retinici più profondi.
Il liquido che fuoriesce da questi vasi anomali si accumula nella retina (forma attiva), causando la distorsione delle immagini.
Progressivamente i fotorecettori si danneggiano e muoiono (degenerano), formando infine una cicatrice.(forma evoluta o disciforme).
Oppure possono stabilizzarsi senza più trasudare fluido (forma inattiva o quiescente)
FUNDUS OCULI
L'oculista pone la sospetta diagnosi con l'esame del fondo dell'occhio, attraverso segni indiretti (sangue o sollevamenti retinici, pigmento, irregolarità), perchè i neovasi non sono visibili.
ANGIOGRAFIA RETINICA
L'approfondimento più utile per localizzare i neovasi è l'angiografia retinica, che permette di visualizzare la vascolarizzazione della retina. Essa può essere eseguita con due diversi coloranti iniettati in una vena del braccio: la fluoresceina (fluorangiografia o FAG) e l'indocianina verde(ICG), che mettono in risalto rispettivamente i vasi retinici superficiali e profondi.
Contemporaneamente all'esame angiografico si scattano fotografie a luce infrarossa, verde, e autofluorescenza, molto utili come complemento diagnostico.
TOMOGRAFIA OTTICA o OCT
Metodica utilissima che ha rivoluzionato le possibilità di "vedere" cosa succede nella retina. Se si pensa che la risoluzione di un'ecografia B scan, che utilizza ultrasioni focalizzati, è di 150 micron (0.15 mm), con la luce infrarossa siamo passati a risoluzioni di 7 micron (OCT Spectral Domain).
Dal 2008 un'ulteriore evoluzione dell'OCT (Time Domain) consente una risoluzione di 5 micron, analisi statistiche e tridimensionali.
TERAPIA: COSA FARE QUANDO LA MACULOPATIA È SINTOMATICA
LASER FOTOCOAGULAZIONE
La chirurgia laser utilizza un raggio di luce concentrata per cauterizzare i vasi sanguigni dai quali fuoriesce il liquido.
La lunghezza d'onda impiegata può essere nello spettro del verde (514nm: Argon), del rosso (614nm: Krypton) o variabile (Dye).
Il trattamento si esegue ambulatorialmente e senza anestesia.
Nel caso che i neovasi siano be visibili alla FAG (forma classica), possono venire chiusi con il laser, ma solo quando non si trovano al centro della macula (extrafoveali) e se trattati precocemente.
Il laser è inoltre utile per chiudere l'anastomosi (feeder vessel) responsabile delle RAP.
TERAPIA FOTODINAMICA
Si inietta endovena una sostanza fotosensibilizzante che si accumula selettivamente nei neovasi (verteporfirina) e successivamente si applica un laser non termico (Dye di 689nm).
E' necessario non esporsi assolutamente alla luce per i 3 giorni successivi al trattamento.
Questo laser è indicato soprattutto nelle maculopatie del miope e quando non vi è molta essudazione.
TERAPIA ANTIANGIOGENETICA o ANTIVEGF
Si tratta di iniettare all'interno dell'occhio sostanze che bloccano i fattori di crescita dei neovasi.
L'iniezione si effettua ambulatoriamente in pochi minuti, ma per la necessaria sterilità va praticata in sala operatoria.
Sono necessarie più iniezioni intervallate di 1-3 mesi fino alla stabilizzazione del visus.
Sono in corso trials clinici per stabilire gli intervalli ottimali tra iniezioni per ciascun farmaco, i criteri per determinare il numero ottimale di iniezioni, nonchè la specificità di ciascun farmaco.
L'orientamento terapeutico attuale è quello di eseguire un ciclo di 3 iniezioni (loading phase) e poi ritrattare solo in presenza di calo visivo o nuovo liquido agli esami OCT-angiografia.
Tutti questi farmaci vanno utilizzati con estrema cautela in quanto aumentano il rischio di incidenti di occlusione vascolare (ictus, infarto), oltre ai rischi insiti nella procedura, di cui il più grave è l'endoftalmite (1.5% circa).
AVASTIN (Bevacizumab)
In Italia è stata rimborsata dal SSN dal 2007 (GU 122, 28.5.07) al 2009.
MACUGEN (Pegaptanib)
Rimborsato dal SSN dal 2009 solo qualora il visus sia superiore a 2/10.
LUCENTIS (Ranibizumab)
Non rimborsato dal SSN.
TERAPIE SPERIMENTALI
Sono in studio gli antagonisti delle INTEGRINE e, con piattaforme nanotecnologiche, sistemi cellulari di rilascio di farmaci intraoculari (microimpianti)
Tutte queste terapie si possono eseguire anche in maniera combinata tra loro, per esempio PDT con antiVEGFDopo avere fatto l'intervento laser, la PDT o l'IVT, è indispensabile sottoporsi a frequenti valutazioni oculistiche ed esami OCT e FAG/ICG. l
PROGNOSI: COSA SUCCEDE SE NON SI RIESCE A FERMARE LA MACULOPATIA?
Spesso si riesce a preservare una discreta visione o comunque a stabilizzare la malattia.
Se l'ARMD evolve le attività in cui è necessaria una fine discriminazione, come leggere e scrivere, riconoscere oggetti piccoli, o infilare il filo in un ago possono diventare difficili. In ogni caso non è possibile perdere la vista, in quanto la malattia coinvolge solo la parte centrale della retina. Sarà sempre possibile avere un livello di visione utile per conservare la propria autonomia, utilizzando il proprio campo visivo e la visione laterale per eseguire tutte le attività della vita quotidiana.
COME UTILIZZARE AL MEGLIO LA VISIONE
Leggere in ambienti ben illuminati.
Imparare a muovere molto la fissazione, in modo da cogliere maggiori dettagli.
Utilizzare lenti d'ingrandimento o potenziare le lenti per vicino in modo da conferire loro un effetto ingrandente.
Se questo fosse insufficiente, esistono ausili visivi particolari, tra cui occhiali dotati di sistemi di lenti (galileiani o telescopici), in grado di ingrandire le immagini da 2X a 16X, oppure videoingranditori, che mostrano su un monitor, alla grandezza desiderata, i caratteri di un testo che viene fatto scorrere su un tavolo, oppure ancora, dispositivi computerizzati o parlanti.
ESISTE UNA TERAPIA?
Molti lavori di ricerca stanno studiando le cause dell'ARMD e come essa possa venire curata.
Vi sono correlazioni con il fumo di sigaretta, con l'esposizione al sole e con l'invecchiamento. Dal punto di vista terapeutico, la sostituzione della zona di retina danneggiata dalla malattia è difficile, perché essendo la retina composta anche da cellule nervose, si può considerare come una propaggine del cervello. Questo rende i tentativi di trapianto molto complessi da eseguire. Sono in corso esperimenti, sebbene aumentare la vista evitando fenomeni di rigetto sia complesso.
Un altro approccio è quello di bypassare la retina mediante sistemi di elaborazione computerizzati, i quali captano le immagini e le trasmettono direttamente al cervello. Un esempio è il caso in US di gennaio 2000, in cui gli elettrodi sono stati impiantati direttamente sulla corteccia visiva cerebrale.
TERAPIA MEDICA
Sebbene non si possa curare una maculopatia con trattamenti di tipo medico, vi sono alcune precauzioni da prendere ed ausili nutritivi che possono essere di beneficio (dati scientifici suggeriscono un diminuito deterioramento retinico).
- Utilizzare occhiali da sole che taglino le lunghezze d'onda inferiori ai 500 nm, cioè una parte del blu visibile e tutte le radiazioni ultraviolette (A e B).
- Evitare situazioni che possono favorire il sanguinamento retinico, come il fumo, lo sfregamento degli occhi e l'assunzione di anticoagulanti o fluidificanti ematici (se necessari, utilizzare il dosaggio minimo efficace).
- Supplementi vitaminici: vit C, vit E, selenio, zinco.
- Cibi ricchi di antiossidanti, carotenoidi e acidi grassi poliinsaturi, come i cavoli, le carote, tutte le verdure verdi. Da non assumere in caso di:
- Calcolosi renale (la vit C in alte dosi può precipitare i calcoli)
- Diabete (vit E e selenio possono potenziare le infezioni e la vit C in alte dosi può interferire con i dosaggi della glicemia)
- Gotta, aterosclerosi (la vit C può interferire con i dosaggi di uricemia e colesterolemia)
- Test programmato per ricerca di sangue nelle urine o nelle feci (può risultare falsamente positivo)
- Anomalie della coagulazione (la vit E può alterare la vit K, aumentando gli effetti degli anticoagulanti)
- Anemia
- Cibi ricchi di antiossidanti, carotenoidi e acidi grassi poliinsaturi, come i cavoli, le carote, tutte le verdure verdi.
Il trattamento della corioretinopatia sierosa centrale
La corioretinopatia sierosa centrale (CSC), nota anche come sindrome di Masuda, è un’affezione, generalmente benigna, di natura essudativa, che colpisce la macula e/o l’area retinica circostante.
Per affrontare in modo corretto il problema del suo trattamento, se e quando necessario, è bene analizzare, seppur velocemente, la sua etiopatogenesi.
La CSC si produce a seguito di una raccolta di liquido nello spazio sottoretinico, provocato da piccole rotture localizzate dell’epitelio pigmentato retinico (EPR) come rappresentato nella figura.
Alla formazione di questa lesione concorrono alcuni cofattori:
Dal momento che l’evoluzione è favorevole nella maggior parte dei casi con un completo recupero dell’acuità visiva, si pone il problema se un trattamento è indicato oppure no. Secondo alcune statistiche, nel 10% dei casi, soprattutto nei casi con recidive, possono svilupparsi nel tempo alterazioni funzionali di varia entità, da discromatopsie acquisite a riduzioni della sensibilità al contrasto fino a gravi riduzioni permanenti dell’acuità visivi con distorsione delle immagini.
Non esistono, inoltre, studi clinici che confermino l’efficacia di un trattamento farmacologico in corso di CRC. L”unico intervento terapeutico considerato efficace è la fotocoagulazione dell’area di leakage, se localizzata a sufficiente distante dalla fovea
A mio avviso un trattamento è necessario, per ridurre il periodo in cui la retina rimane distaccata dal complesso EPR coriocapillare, e quindi limitare la possibile sofferenza trofica dei fotorecettori maculari.
Per affrontare in modo corretto il problema del suo trattamento, se e quando necessario, è bene analizzare, seppur velocemente, la sua etiopatogenesi.
La CSC si produce a seguito di una raccolta di liquido nello spazio sottoretinico, provocato da piccole rotture localizzate dell’epitelio pigmentato retinico (EPR) come rappresentato nella figura.
Alla formazione di questa lesione concorrono alcuni cofattori:
- stress
- stati di ansia
- la cosiddetta personalità di tipo A
- livelli elevati di corticosteroidi circolanti (come nella sindrome di Cushing, dove l’incidenza di CSC è particolarmente elevata, circa il 5%)
- infezione da Helicobacter pylori
- ipertensione arteriosa
- sindrome dell’apnea notturna
- terapie corticosteroidee sistemiche
Dal momento che l’evoluzione è favorevole nella maggior parte dei casi con un completo recupero dell’acuità visiva, si pone il problema se un trattamento è indicato oppure no. Secondo alcune statistiche, nel 10% dei casi, soprattutto nei casi con recidive, possono svilupparsi nel tempo alterazioni funzionali di varia entità, da discromatopsie acquisite a riduzioni della sensibilità al contrasto fino a gravi riduzioni permanenti dell’acuità visivi con distorsione delle immagini.
Non esistono, inoltre, studi clinici che confermino l’efficacia di un trattamento farmacologico in corso di CRC. L”unico intervento terapeutico considerato efficace è la fotocoagulazione dell’area di leakage, se localizzata a sufficiente distante dalla fovea
A mio avviso un trattamento è necessario, per ridurre il periodo in cui la retina rimane distaccata dal complesso EPR coriocapillare, e quindi limitare la possibile sofferenza trofica dei fotorecettori maculari.
giovedì 2 giugno 2011
ATTENTE MAMME....
Da oggi, 1° giugno 2011, tutti i commercianti dovranno ritirare dalla vendita i biberon che hanno come componente il BPA (bisfenolo A), già messo al bando dalla Commissione Europea che ne ha vietato la produzione a partire dal 1° marzo scorso.
Tale direttiva è stata adottata sulla base dell’esito delle ricerche svolte dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che hanno dimostrato il limite di tolleranza che un individuo ha verso questa sostanza chimica, stimato a 0,05 mg per chilo di peso corporeo.
Tale soglia viene ampiamente superata dai neonati che usufruiscono del biberon in policarbonato ( contenente BPA) più volte al giorno e la pericolosità è maggiormente accentuata dal riscaldamento dei cibi in esso contenuti.
Tale direttiva è stata adottata sulla base dell’esito delle ricerche svolte dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che hanno dimostrato il limite di tolleranza che un individuo ha verso questa sostanza chimica, stimato a 0,05 mg per chilo di peso corporeo.
Tale soglia viene ampiamente superata dai neonati che usufruiscono del biberon in policarbonato ( contenente BPA) più volte al giorno e la pericolosità è maggiormente accentuata dal riscaldamento dei cibi in esso contenuti.
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